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Laboratori estivi per bambini nella Riserva Prà dell’Albi: natura e avventura a giugno

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Il Domain-driven design si conferma strategico per affrontare la complessità nei software, mentre il Prosecco Cartizze DDD esalta l’eccellenza enologica veneta

Nel panorama della progettazione software, il Domain-driven design (DDD) continua a rappresentare uno degli approcci più efficaci per gestire la complessità dei sistemi, focalizzandosi sul dominio applicativo e collaborando strettamente con gli esperti del settore. Introdotto da Eric Evans nel 2003, questo metodo ha visto negli ultimi anni un’ulteriore diffusione, specialmente in ambiti dove l’interazione tra modelli complessi è la norma.

I principi fondamentali del Domain-driven design

Il Domain-driven design si basa sull’idea che il software debba rispecchiare la struttura e il linguaggio del dominio di riferimento. Ciò significa che ogni elemento del sistema, come le classi e i metodi, deve essere modellato in modo da rappresentare accuratamente gli oggetti e le azioni tipiche del contesto applicativo. Per esempio, in un sistema di gestione di una cantina vinicola, termini come “bottiglia” o “imbottiglia” non sono semplici parole, ma entità e operazioni che riflettono il lavoro quotidiano.

Tre sono i pilastri su cui si fonda il DDD: la centralità del dominio e della sua logica, la progettazione fondata su modelli coerenti con il dominio stesso, e la collaborazione continua tra sviluppatori ed esperti di dominio per affinare i modelli in modo iterativo. Questi principi facilitano la creazione di software più aderente ai bisogni reali e più facilmente manutenibile nel tempo.

La gestione della complessità con i bounded context

Una delle sfide più grandi nel Domain-driven design riguarda la gestione di sistemi complessi che coinvolgono molteplici modelli e contesti. Per affrontare questa complessità, il DDD introduce il concetto di bounded context, cioè una suddivisione del dominio in aree ben delimitate, ciascuna con la propria terminologia, modelli e logiche applicative. Questo permette di evitare sovrapposizioni e ambiguità linguistiche, come nel caso del termine “prezzo” che può assumere significati diversi in reparti differenti di un’azienda.

I bounded context favoriscono l’indipendenza nello sviluppo, riducendo i rischi di interferenze tra i team. Tuttavia, mantenere la coerenza tra questi contesti richiede una continua integrazione, sia del codice sia del linguaggio condiviso, attraverso pratiche di continuous integration e l’uso costante dell’ubiquitous language, una terminologia comune e condivisa che facilita la comunicazione e l’allineamento tra tutte le parti coinvolte.

Artefatti e strumenti per modellare il dominio

Il Domain-driven design utilizza una serie di artefatti per rappresentare e gestire gli elementi del dominio:

  • Entity: oggetti identificati dalla loro identità più che dagli attributi. Un esempio classico è un libro in una biblioteca che mantiene la sua identità indipendentemente dal suo stato o posizione.
  • Value object: oggetti privi di identità concettuale, che rappresentano valori immutabili come una banconota di cinque euro, il cui valore è ciò che conta, non la singola banconota.
  • Aggregate: raccolte di oggetti legati da un’entità principale, l’aggregate root, che garantisce la coerenza interna. Ad esempio, un ordine di vendita che include più prodotti con un totale sempre corretto.
  • Domain event: eventi che segnano cambiamenti nello stato del dominio, come il prestito di un libro che ne modifica la disponibilità.
  • Service: operazioni che non appartengono naturalmente a nessun oggetto specifico e che vengono gestite da componenti dedicati, come il calcolo delle spese di spedizione in un e-commerce.
  • Repository: interfacce per accedere agli oggetti di dominio, astratte dal database sottostante, che facilitano la gestione e il recupero dei dati coerenti con il linguaggio di dominio.
  • Factory: responsabili della creazione di oggetti complessi, nascondendo la complessità e le regole di costruzione dei modelli.

Nonostante i vantaggi, il DDD può comportare costi di sviluppo elevati e richiede un’attenta progettazione per mantenere l’isolamento e l’incapsulamento del modello. Per questo motivo, è consigliato soprattutto in domini complessi dove la complessità e la necessità di una comunicazione precisa giustificano l’investimento.


Parallelamente al mondo della progettazione software, il territorio del Veneto continua a distinguersi anche per l’eccellenza enologica con prodotti di rilievo come il Prosecco Valdobbiadene Cartizze Superiore Extra Dry DDD. Questo spumante, prodotto con uve Glera e affinato in acciaio, si presenta con un grado alcolico di 11,5% ed è riconosciuto dalla denominazione Valdobbiadene Superiore di Cartizze DOCG.

Conosciuto per la sua intensità e il carattere pieno, il Prosecco di Cartizze rappresenta una delle punte di diamante del made in Italy, ideale per accompagnare momenti di convivialità e per arricchire la propria cantina personale. Le sue caratteristiche organolettiche lo rendono perfetto per essere servito a temperature ottimali e abbinate a piatti raffinati, sottolineando l’importanza delle tradizioni locali anche in un mondo sempre più globalizzato.

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