Dalla peste ai presunti esperimenti psichiatrici, la storia di quest’isola si intreccia con il mistero, tra resti umani e nebbie che non se ne vanno.
A chi guarda Venezia dalla riva, Poveglia non si nota. È un piccolo isolotto immerso nella laguna sud, schiacciato tra le rotte turistiche e i silenzi della palude. Ma chi conosce la sua storia, evita persino di nominarla. Poveglia è l’isola del male, così la chiamano da secoli: prima come lazzaretto, poi come deposito di armi, infine come luogo di presunte torture. Tutto comincia nel 1793, quando la Repubblica di Venezia decide di usarla come zona di isolamento per gli equipaggi colpiti dalla peste. Non una, ma due epidemie passano da qui. E con loro, oltre 160.000 morti.
Dove finisce la storia e inizia la leggenda
Il terreno stesso di Poveglia, secondo alcune stime, è composto per metà da resti umani. Qui le vittime venivano seppellite in fosse comuni, bruciate, lasciate a decomporre insieme. La vicina Lazzaretto Vecchio ha rivelato le sue tombe solo di recente. Poveglia, invece, non è mai stata investigata seriamente. Forse per paura, o forse perché nessuno osa metterci piede. Napoleone la usò come deposito d’armi. Quando i veneziani lo scoprirono, si combatterono battaglie anche su questa lingua di terra. Altri cadaveri, altri silenzi.

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Poi arrivò il 1922. La struttura che sorgeva sull’isola venne adattata a ospitare anziani convalescenti, almeno secondo i documenti. Ma la voce popolare racconta altro: un manicomio, medici crudeli, pazienti dimenticati. Si parla del dottor Sarles, un medico svizzero che avrebbe torturato i malati, praticando primitive lobotomie. Non esistono prove certe, eppure all’ingresso della struttura c’è ancora un cartello che dice “Reparto Psichiatrico”. L’edificio è lì, crollato, ricoperto di vegetazione. Ma l’eco delle storie continua.
Si dice che Sarles sia impazzito, tormentato dalle anime delle vittime della peste. Si racconta che si sia gettato dal campanile, e che il suo corpo sia stato avvolto da una nebbia che lo avrebbe soffocato prima ancora di morire. Un’infermiera avrebbe assistito alla scena. Nessuno ha mai confermato, ma nessuno ha mai dimenticato.
La chiusura dell’ospedale e l’isolamento che continua
Nel 1968, l’ospedale venne chiuso. Da allora, Poveglia è rimasta abbandonata, accessibile solo con autorizzazione speciale. Le rovine sono ancora lì. Il tetto della struttura è crollato, gli alberi crescono dalle finestre, il tempo sta lentamente divorando tutto. Ma non la memoria. Non la fama. Anche oggi, barcaioli e pescatori evitano di passarci troppo vicino. Alcuni dicono che di notte si vedano luci muoversi tra le rovine, altri sentono urla nel buio. Nessuno ci vive, nessuno ci lavora. E quando qualcuno chiede di organizzare visite, le autorità rispondono con silenzi educati o permessi mai concessi.
Poveglia rappresenta uno dei luoghi più inquietanti d’Europa, non per ciò che si dice, ma per ciò che non si può sapere con certezza. È rimasta chiusa, sbarrata, dimenticata. Ma continua a esistere, lì, nel cuore della laguna, come una ferita che non ha mai smesso di suppurare. E chi conosce bene la zona, giura che certe cose non si raccontano a voce alta.
La chiamano "isola maledetta"; è uno dei luoghi più misteriosi d'Italia: la sua storia fa venire i brividi - reteriservealpiledrensi.tn.it






